Visto che mi occupo di Brazilian Jiu Jitsu, e visto
che questa “materia” è stata divulgata nel nostro paese in
modo erroneo e/o parziale, cercherò di disegnarne una
panoramica concisa ma completa.
1. La storia
Nei primi anni del 900 il maestro di Judo e Jiu Jitsu
Mitsuyo Maeda venne incaricato dall’imperatore
giapponese di gestire l’allora abbondante emigrazione
nipponica verso il Brasile. Maeda era noto per i suoi
successi nelle sfide senza regole contro esponenti di altre
arti marziali avvenuti nel corso di lunghi viaggi in Europa
e America del Nord, a seguito dei quali ricevette
onorificenze varie, tra le quali figurava il sopracitato
incarico ministeriale.
Nel corso di questo incarico, Maeda divenne grande
amico di un diplomatico brasiliano di nome Gastao Gracie,
molto attento agli interessi della piccola comunità
giapponese arrivata in Brasile, e come dimostrazione di
gratitudine nei suoi confronti decise di insegnare il Judo
ed il Jiu Jitsu a Carlos, figlio maggiore di Gastao, allora
appassionato di pugilato. Carlos, ripudiando la tradizione
diplomatica di famiglia, decise di dedicare la propria vita
alla divulgazione del Jiu Jitsu, fondando la prima scuola di
Jiu Jitsu del Brasile, nel quartiere di Botafogo a Rio de
Janeiro ed insegnando il Jiu Jitsu ai suoi fratelli Jorge,
Osvaldo, Gastao e Helio, nonché ad altri appassionati come i
fratelli Ono e Luiz França. Carlos ed Helio poterono poi
modificare il loro Jiu Jitsu grazie ai numerosi
combattimenti disputati contro esponenti di altre arti
marziali, posti in essere per dimostrare l’efficacia del Jiu
Jitsu. I due hanno poi formato numerosi maestri come Helio
Vigio, Armando Wriedt , Carlson e Rolls Gracie.
La tradizione del Jiu Jitsu si è poi tramandata
attraverso i figli di questi grandi maestri, i quali hanno
sempre portato nuova linfa al sistema apportando continui
miglioramenti tecnici e tenendo alto il nome del Jiu Jitsu
sia sul tatami, sia sul ring o per la strada.
Alla fine degli anni ottanta uno dei figli di Helio,
Rorion, decise di trasferirsi negli Stati Uniti, e più
precisamente a Los Angeles, con il preciso intento di
divulgare il Jiu Jitsu brasiliano. Dopo diversi tentativi,
Rorion riesce a coinvolgere la multinazionale del Semaphore
Entertainment Gruop (SEG) ad organizzare un torneo di
combattimento libero inteso come sfida tra tutte le arti
marziali, da trasmettere sulle televisioni a pagamento
statunitensi. Nasce così l’Ultimate Fighting Championship,
nelle prime edizioni del quale primeggia uno dei fratelli
minori di Rorion, Royce, ed inizia una nuova era nel mondo
delle arti marziali. L’UFC dimostrò quello che succedeva in
un combattimento molto reale e poco influenzato da regole di
tipo sportivo, mettendo in risalto l’importanza del
combattimento a terra e delle tecniche di lotta, fino ad
allora bandite dai marzialisti “puri e duri”, i quali le
ritenevano discipline per chi aveva paura di essere colpito
sul naso.
La febbre del Jiu Jitsu brasiliano coinvolse anche il
suo paese d’origine ed il numero di praticanti di BJJ nella
sola Rio de Janeiro aumentò del 500%.
2. I corsi, la filosofia
Praticare Jiu Jitsu brasiliano significa però affrontare
argomenti eterogenei che cercherò di elencare qui di
seguito:
* Preparazione fisica: nel BJJ la preparazione
fisica è quantomeno particolare. Tutti i movimenti presenti
nella fase di riscaldamento riprendono tecniche che vengono
poi studiate nel proseguo della lezione, misti a movimenti
derivati dallo yoga e da una particolare ginnastica
brasiliana che si chiama “ginastica natural”.
* Allenamento tecnico:
Ad ogni lezione viene praticato il BJJ così come viene
insegnato in Brasile.
* Esercizio libero: Questa fase è probabilmente la
più importante, ed è quella in cui si impara a combattere.
L’esercizio libero serve ad assimilare ed imparare ad
applicare le tecniche apprese nella fase precedente, in un
contesto di lotta vera e propria, portata avanti in modo
rilassato e senza aggressività eccessiva.
* Disciplina: La disciplina osservata in palestra
non è imposta, ma è il frutto di un ambiente serio ma
rilassato ed amichevole nel quale è difficile non sentirsi a
proprio agio, a patto di lasciare il proprio ego fuori dal
tatami.
Si capisce dunque l’importanza di un istruttore
qualificato che prevenga in modo efficace l’insorgere di
situazioni che possono sfociare in infortuni più o meno
gravi.
Il Jiu Jitsu si pratica con il kimono. Nei periodi
estivi più caldi si opta per un allenamento senza kimono,
così come nella fase preparatoria a gare che non ne
prevedono l’utilizzo come i Vale Tudo o le gare di lotta con
regolamento tipo ADCC (Abu Dhabi Submission Wrestling
Championship). Spesso si sente dire che la lotta con il
kimono è molto diversa da quella che ne prevede l’utilizzo,
ma si tratta di un’affermazione senza senso per vari motivi.
Di fatto, lottare senza kimono significa utilizzare il 40%
in meno di tecniche offensive o difensive rispetto alla
lotta con il kimono, adattarsi ad una maggiore facilità
nell’esecuzione di leve agli arti inferiori ed a proiezioni
più simili a quelle della lotta olimpica. Le differenze però
finiscono qui. Se siamo sempre in posizioni svantaggiose e
finiamo per essere puntualmente battuti è per la superiorità
del nostro avversario, non per il nostro o il suo
abbigliamento. Trovarsi sempre sotto la Montada
dell’avversario, ad esempio, ha poco a che fare con il
proprio abbigliamento, piuttosto potrebbe essere dovuto ad
una superficiale conoscenza tecnica di come tenere le
posizioni, come evadere dalle stesse e come combianarle tra
loro.
3. Gare & competizioni
Nel 1996 la Confederazione Brasiliana di Jiu Jitsu,
presieduta dal Maestro Carlos Gracie jr., ha organizzato la
prima edizione dei campionati mondiali di Jiu Jitsu, che si
tengono oramai ogni anno durante il mese di Luglio a Rio de
Janeiro.
Le gare di Brazilian Jiu Jitsu sono
competizioni sportive che si svolgono su un tatami, della
durata variabile a seconda del livello dei contendenti (da 6
a 10 minuti senza interruzioni) che non prevedono colpi, ma
solo tecniche di proiezioni, leve articolari e
strangolamenti, regolate da un complesso regolamento.
I Vale Tudo, invece, sono competizioni
caratterizzate da un regolamento sportivo estremamente
“duro”, ma è e rimane uno sport, non un’arte marziale.
Il 90% dei praticanti di BJJ non sono interessati al
Vale Tudo, e solo il 5 % pratica combattimento libero.
Un praticante di BJJ (e non solo i praticanti di questo
stile) devono affrontare un allenamento durissimo, pronti a
completare la loro preparazione imparando anche tecniche di
combattimento in piedi derivanti ad esempio dalla boxe e
dalla Muay Thai. Oggi infatti il livello tecnico dei
combattenti di tali tornei è assai elevato ed è dunque
necessario essere preparati a sostenere un incontro in
entrambi i contesti, pur privilegiando, come praticanti di
Jiu Jitsu brasiliano, il combattimento al suolo.
I tornei di Submission Wrestling sono delle
gare di lotta senza il kimono, con un regolamento simile a
quello sportivo del Jiu Jitsu brasiliano , tra le quali
spicca il torneo di Abu Dhabi organizzato dallo sceicco
Tahnoun. Anche in questo contesto senza il kimono gli atleti
del Jiu Jitsu brasiliano fanno puntualmente razzia di
medaglie (vedi sopra – lotta senza il kimono).
4. Il BJJ in Italia
In Italia il BJJ è arrivato attraverso i canali del Jeet
Kune Do, ed in particolare attraverso i praticanti di questo
“sistema” affiliati alla PFS di Paul Vunak, la prima ad
inglobare tecniche di BJJ nei loro programmi tecnici. La
California era infatti già diventata per motivi climatici e
surfistici, la meta privilegiata di molti maestri brasiliani
che vi si trasferivano per cercare fortuna grazie alla nuova
mania per il BJJ.
Fatto sta che in Italia il Brazilian Jiu Jitsu era
(ed è) solo sinonimo di combattimento senza regole e quindi
oggetto di culto da parte di numerosi fanatici e di odio,
per nulla mascherato, da parte dei cosiddetti
“tradizionalisti”. Con il tempo poi, la nota capacità dei
nostri compaesani nell’arrangiarsi ha fatto nascere corsi di
BJJ, tenuti da personaggi per niente preparati e
dall’equilibrio psicologico piuttosto delicato, con tutte le
conseguenze del caso in termini di immagine .
La divulgazione dell’autentico Brazilian Jiu Jitsu in
Italia deve dunque cancellare i danni commessi da questi
personaggi, per poi “ricostruire” una struttura stabile e di
comprovata qualità, monitorata da professionisti del
settore.
Spero di aver contribuito a chiarire alcuni punti
secondo me importanti di questa fantastica disciplina, alla
quale dedico ormai gran parte del mio tempo.
Vorrei quindi ringraziare i miei maestri Franco e
Demetrio Vacirca, i miei fratelli di BJJ in Italia ed
all’estero, e Gian Paolo per avermi gentilmente ospitato su
questo sito.
VIVA PARA O JIU JITSU!!!
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